La finanza è un’astrazione dell’economia reale. Mentre gli asset reali hanno un valore intrinseco e insito nel loro uso, la finanza è basata su una definizione soggettiva del valore. Pertanto, chiunque abbia avuto a che fare con i mercati finanziari identificherà prontamente il concetto di “pulsione bidirezionale” e conflittuale insito in ogni decisione. Da un lato, il proprio approccio personale, che può suggerire un determinato corso di azione; dall’altro, una sorta di “istinto selvaggio” che a volte spinge esattamente nella direzione opposta. Anche gli operatori più esperti, coloro che fanno dell’anticipare e dello spiazzare il resto dei partecipanti il loro “stile di vita”, a volte cadono nella trappola di una sorta di isteria collettiva, proprio nel momento in cui sarebbe opportuno ed appropriato un approccio di tipo “contrarian”. E’ difficile trovare un operatore che in tutta onestà possa dire di non aver mai comperato su un top o venduto su un bottom.
La ragione di questa “pulsione bidirezionale” presente in ciascun individuo risiede nella natura della sua appartenenza alla massa. Da un lato, ogni individuo ha una tendenza auto-assertiva, o capacità di comportarsi con autodeterminazione; dall’altro, tuttavia, ogni individuo ha anche una tendenza all’integrazione con gli altri, cioè una volontà più o meno marcata di appartenere ad un gruppo.
In sostanza, la peculiarità più stringente che un gruppo presenta, dal punto di vista psicologico, è la seguente: chiunque siano gli individui che lo compongono, i loro stili di vita, le loro occupazioni, il loro carattere, la loro intelligenza, il fatto che essi si sono trasformati in un gruppo li pone in possesso di una sorta di mente collettiva che li fa pensare ed agire in una maniera differente da come essi penserebbero o agirebbero se fossero in stato di isolamento.
Ciò che in sostanza prende corpo nella formazione di un gruppo è una combinazione, seguita dalla creazione di nuove caratteristiche, proprio come nella chimica certi elementi, messi in reazione tra di loro, si combinano per formare una nuova struttura che possiede proprietà differenti da quelle dei singoli componenti.
Dal punto di vista del gruppo, quindi, è implicito e addirittura cruciale per la sua autonomia che si creino una serie di regole e di concetti comuni ed autonomi: questo si lega anche ad uno dei concetti chiave della Nuova Fisica, che cioè ogni “insieme” è qualcosa di più della semplice somma algebrica delle sue parti.
Il gruppo, quindi, ha una sua mente ed una sua intelligenza collettiva, crea al suo interno uno o più leaders, interagisce con gli altri gruppi scambiando informazioni: appare dunque intuitivo il concetto che sta alla base dell’importanza dell’analisi della psicologia dei partecipanti al mercato in relazione alla decisione operativa, cioè il fatto che che ogni gruppo ha un suo ciclo di vita, il quale accompagna ed insieme interagisce con il ciclo di vita di ogni mercato.
Capire la struttura psicologica dei gruppi dominanti e la loro posizione nel proprio ciclo di vita, significa capire molto di più di un determinato mercato e riuscire ad intuirne in modo organico le possibili evoluzioni.
IL CICLO DI VITA DEL GRUPPO
- Nascita e crescita
- Maturità
- Declino e morte
» Nascita e crescita – I gruppi inizialmente si creano come risultato sia di un cambiamento che della capacità di rispondere in modo propositivo al cambiamento stesso. Una volta che un gruppo con obiettivi e valori comuni si è consolidato, esso risponderà in modo costruttivo ed omogeneo all’input ambientale delle nuove informazioni. In particolare, esso trarrà una risposta dinamica dagli elementi più creativi del gruppo, specialmente dagli appartenenti alla leadership. Durante lo stadio della crescita nel suo ciclo vitale il gruppo è completamente in grado di mantenere la propria integrità, anche di fronte ad un ambiente ostile.
» Maturità – Una volta raggiunta la maturità, tuttavia, il gruppo diviene orientato su se stesso e perciò poco flessibile. Prende coscienza dei propri successi, ma tende più a bloccare gli stimoli che provengono da nuovi inputs piuttosto che accettarne la sfida.
» Declino e morte – Questa rigidità ai cambiamenti indica che il gruppo è incapace di gestire i nuovi eventi e gli eventuali shocks ad essi correlati. Le aspettative del gruppo restano immutate, e divengono via via più divergenti dagli eventi reali. A questo punto comincia il declino, che è caratterizzato da una discordia interna e da una certa ostilità verso la vecchia leadership e verso i vecchi concetti-guida. In ultimo, giunge una serie di eventi (lo shock) che causa la disgregazione del gruppo. Il ciclo vitale è così completo, e gli individui vengono sciolti dal vincolo per cercare nuovi gruppi nei quali partecipare. La generazione e la degenerazione sono seguite dalla rigenerazione, in un continuo processo.
Appare dunque evidente come il modo di ricezione di un evento da parte dello stesso gruppo dipenda in effetti in gran parte dalla sua posizione nel ciclo vitale: in determinate fasi vi è un grado di accettazione molto più elevato, in altre fasi vi è alternativamente flessibilità o rigidità.
LE DINAMICHE DEL CICLO DI MERCATO
La struttura fisica dei mercati finanziari e i regolamenti istituzionali di funzionamento variano in modo estremamente ampio da paese a paese: molti mercati sono centrati su arene fisiche, gli “exchanges” (le vecchie “grida” di Piazza Affari), mentre molti altri esistono e sono attivi solo per via telematica. Tutti, però, hanno caratteristiche comuni: la prima di queste, per quanto sembri strana, è che è estremamente difficile identificare il gruppo fisico di persone che costituisce un determinato mercato. La comunità degli investitori è di gran lunga più vasta ed amorfa, e meno tangibile, del semplice gruppo di persone che agiscono sul floor, o che in un determinato momento effettuano transazioni telematiche.
L’unità base nella gerarchia dei mercati è l’investitore individuale, cioè essenzialmente chiunque abbia in un determinato momento una posizione aperta (long o short) su un determinato mercato. L’investitore individuale può agire per conto proprio (investitore privato) o per conto di una organizzazione (investitore istituzionale).
Per sua natura, l’investitore individuale ha quasi esclusivamente una inclinazione verso le posizioni long (long-biased): la filosofia di base è quella di “comperare basso e vendere alto”.
Il livello successivo nella gerarchia di mercato è costituito da due gruppi di investitori: rialzisti (bulls) e ribassisti (bears).
Abbiamo visto prima che i gruppi non sono necessariamente assemblee fisiche, ma piuttosto fenomeni psicologici: questo è vero in special modo per i gruppi che compongono il mercato, che sono intuitivamente distribuiti in modo assolutamente disomogeneo, ed uniti fra loro e con gli altri gruppi principalmente da due links collettivi e comuni, l’andamento dei prezzi e le informazioni.
La presenza di due gruppi all’interno di ciascun mercato finanziario, con opinioni e posizioni diametralmente opposte, assicura l’esistenza di un perenne stato di conflitto, quantomeno latente, all’interno delle regole del gioco. La presenza dello stress, visto come insicurezza e potenziale minaccia di pericolo, è il principale catalizzatore nella formazione di una mente comune e degli associati comportamenti di un gruppo: e una condizione di perenne conflitto come quella appena descritta certamente assicura che lo stress esiste. Se tutti pensassero la stessa cosa allo stesso momento non ci sarebbe mercato, né movimenti di prezzo: i prezzi starebbero del tutto fermi oppure si muoverebbero all’insù e all’ingiù casualmente, e nessuno rischierebbe di operare.
Invece, la presenza sul mercato di due gruppi, variabili dinamicamente nel tempo e collegati tra loro da una parete osmotica come quelli dei “rialzisti” e dei “ribassisti”, fa sì che i prezzi non solo si muovano, ma anche che seguano nei loro movimenti forme di comportamento associabili a quelle della vita dei rispettivi gruppi partecipanti.
In ultima analisi, questa è una duplice conferma: da un lato, dell’importanza dell’esame della condizione psicologica dei partecipanti al mercato; dall’altro, della natura non “random” nella distribuzione dei prezzi, e della possibilità tramite l’analisi tecnica e quella psicologica di individuare oggettivamente l’attuale posizione all’interno del trend, nonché i possibili scenari futuri.
L’influenza dell’emotività gioca dunque all’interno dei mercati un ruolo assolutamente centrale. Quando un individuo acquista o vende, genera contemporaneamente l’inizio di un processo emotivo. Inizialmente l’emotività è legata alla propria posizione di mercato: la decisione di operare può essere arrivata attraverso un processo decisionale razionale, ma in ogni caso l’atto stesso di operare (l’alzare la cornetta per dare l’ordine) innesca l’entrare in gioco di un interesse economico cui è associato il desiderio di “avere ragione”.
L’investitore da quel momento avrà infatti una posizione aperta, il cui valore di mercato è al di fuori del suo controllo: ci saranno sensazioni piacevoli se il prezzo va nella direzione sperata e viceversa. Queste sensazioni di piacere e di dispiacere sono intensificate quando un individuo è correlato ad altri individui in un gruppo: se il mercato va nella direzione sperata, i vantaggi personali in termini di guadagno e autostima vengono accresciuti dal comunicare con altri investitori che hanno una posizione analoga.
La conversazione con gli altri confermerà sia la validità della propria posizione, sia la bontà del processo decisionale che ne ha preceduto l’assunzione; inoltre, gli investitori che sono membri del gruppo vincente tenderanno a enfatizzare la debolezza delle argomentazioni dell’altro gruppo, e ci sarà una continua campagna di propaganda contro questi ultimi i quali, comunque, già si sentivano a disagio a causa delle proprie posizioni “sbagliate”.
Inizialmente, i membri del gruppo perdente sentiranno il bisogno di associarsi per avere una sensazione di protezione: cercheranno di confermarsi a vicenda la bontà delle proprie argomentazioni, tentando di smontare (o ben più spesso di ignorare completamente) quelle del gruppo vincente, con una netta propensione all’autocommiserazione e al passaggio da un’ottica (che era quella originaria) di breve periodo ad una più confortevole ed elastica di “lungo periodo”.
E’ chiaro, quindi, che l’apertura di una posizione è solo l’inizio di tutta la storia: indipendentemente da quanto fosse razionale il processo decisionale originario, il solo atto di operare concretamente su un qualunque mercato pone il singolo individuo all’interno di un contesto ambientale molto meno razionale e da lui meno controllabile, quello di un gruppo (“vincenti” e “perdenti”, “rialzisti” e ”ribassisti” ecc.).
L’intensità della partecipazione emotiva ad un particolare gruppo dipende dal variare delle fasi e della durata del ciclo di mercato (rialzo/ribasso).
Nello stadio iniziale di un nuovo trend la maggioranza degli investitori resta dell’idea che il vecchio trend sia ancora in atto: esso invece è già finito, ma il suo esaurimento non è stato ancora chiaramente percepito.
Una minoranza di investitori avrà già cominciato a sospettare che la tendenza di fondo è cambiata, ed avrà agito di conseguenza sui propri portafogli: tuttavia, anche per questo gruppo vi sarà in questa fase un certo senso di disagio e la tendenza ad agire nella nuova direzione con operazioni brevi, piuttosto che con un’ottica di più lungo termine.
All’inizio di un trend rialzista la paura di nuove perdite è ancora predominante, mentre viceversa all’inizio di un trend ribassista l’avidità (o la paura di mancare l’opportunità di ulteriori profitti) tende ad ostacolare la liquidazione di una parte significativa dei propri investimenti. Di conseguenza, nelle prime fasi di un trend la convinzione emotiva di quello che in ultima analisi risulterà il nuovo gruppo vincente è piuttosto bassa.
Tuttavia, dopo i successivi movimenti del prezzo nella direzione del nuovo trend il grado di convinzione del nuovo gruppo sale: questa è la fase nella quale la maggior parte della comunità degli investitori identifica il fatto che il nuovo movimento nei prezzi è divenuto una tendenza, e il convincimento emotivo rimpiazza i dubbi razionali che ancora persistono, spesso fomentati dal ritardo con il quale i cosiddetti “fondamentali” si adeguano alla nuova realtà.
Questo tipo di comportamento da parte degli investitori porta allora alla successiva fase del ciclo. Nello stesso momento in cui si è diffusa la generale consapevolezza che il “nuovo” trend è in pieno svolgimento, da allora vengono gettate le basi per un nuovo reversal.
Il trend continuerà ovviamente per un certo tempo, ma resta il fatto che quanti più investitori si convincono a prendere la stessa posizione, tanti meno ne restano per portarlo poi ancora avanti. Infine, al termine del processo, un nuovo reversal e la creazione di un nuovo trend avranno luogo proprio quando la quasi totalità degli investitori sarà ancora convinta della loro impossibilità/improbabilità.
Dovrebbe essere chiaro da questa breve analisi come una delle regole d’oro per avere successo sui mercati sia di mantenere uno stretto controllo su ciò che gli altri investitori stanno dicendo e facendo, e poi, quando la stragrande maggioranza sta dicendo e facendo la stessa cosa, fare il contrario. In realtà non è certo così semplice, poiché come molti autori hanno puntualizzato la massa (degli investitori) ha quasi sempre ragione (the trend is your friend): essa ha purtroppo torto solamente quando si giocano i destini delle fasi di cambiamento del trend.
Così, l’essere contrarian per il gusto di esserlo non porta a nulla, se non è supportato da ben altre considerazioni e valutazioni e da una corretta strategia operativa.
Questo è uno degli aspetti oggettivamente più consistenti dell’analisi tecnica: è un approccio razionale a un fenomeno che in parte è non-razionale, ed incoraggia chi la usa ad evitare le pressioni psicologiche della massa.
Ci sono due importanti fattori da ricordare a questo proposito: il primo è che ciascun gruppo ha degli obiettivi propri, anche se i singoli membri del gruppo non li riconoscono specificatamente come tali; il secondo fattore è che i gruppi rispondono con grande rapidità e linearità alla leadership.
Uno degli aspetti centrali dei mercati finanziari è il fatto che i prezzi giocano un ruolo cruciale in entrambi questi aspetti del comportamento di massa. In primo luogo, l’obiettivo primario sia dei rialzisti che dei ribassisti è quello di far muovere i prezzi a proprio vantaggio; in secondo luogo, il ruolo della leadership in parte è costruito attorno agli stessi movimenti di prezzo.
La capacità di ciascun gruppo di far muover le quotazioni in proprio favore dipende in massima parte dal “volume di fuoco”, cioè dalle risorse finanziarie immesse nell’operazione. In ultima analisi, il conflitto fra rialzisti e ribassisti si risolverà in favore di una delle due parti quando uno dei gruppi si disintegrerà e trasferirà le proprie risorse all’altro.
La strategia usata per vincere questo conflitto è la seguente: dapprima ci si assicurerà che ciascun membro del gruppo sia totalmente compreso del proprio ruolo e dei propri “doveri”, ed in secondo luogo si bombarderà l’opposizione con un continuo flusso di propaganda.
Ad un certo punto, quando si sarà innescato un movimento abbastanza ampio nel tempo e nei prezzi, la tendenza all’integrazione del gruppo vincente farà sì che ciascun membro mantenga aperta la posizione più larga possibile. Sarà sempre più difficile, in un contesto di emotività, un comportamento razionale da parte dell’individuo, che così trasferirà man mano il peso psicologico della situazione al contesto non-razionale (emozionale) del gruppo.
Verranno così aperte posizioni solo sulla base del fatto che il trend, cioè il fulcro e concetto-base del gruppo, debba persistere ad aeternum, senza alcun giudizio critico. L’interesse personale arriva ad essere subordinato all’interesse del gruppo, così inizia a svilupparsi il fenomeno dell’over-trading (leverage, options ecc.). Ultimo esempio clamoroso è la bolla 2007-2008.
Man mano che sempre più risorse vengono immesse nella direzione del gruppo vincente, i prezzi continueranno a rispondere in modo favorevole e rafforzeranno sempre più la convinzione del perpetuarsi dell’attuale trend. Questo, a sua volta, giustifica l’esistenza del gruppo vincente e sprona ulteriormente i suoi membri.
Contemporaneamente, come ovvio, gli interessi investiti nel mantenere l’attuale direzione del mercato saranno sempre più consistenti, e di conseguenza brokers, market makers ed investitori forniranno ai media un flusso continuo di commenti positivi, che a loro volta i media provvederanno a trasmettere ad una audience il più vasta possibile.
Nel frattempo, gli individui del gruppo perdente saranno sempre più vulnerabili alla situazione, e tenderanno progressivamente a lasciare il campo libero al gruppo vincente. La tendenza del mercato e dei prezzi è difatti un chiaro segnale, per i membri del gruppo perdente, che le loro argomentazioni sono inefficaci: non importa quanto esse possano essere centrate sul lungo termine, poiché il messaggio che arriva sul breve non può essere ignorato.
Le basi di ragionamento del gruppo perdente sono provate scorrette dall’andamento del mercato, e nelle ultime fasi di un trend questo (unito all’evidenza dei numeri e alla propaganda avversa) è un peso tale che trasforma il rivolo dei disertori da un gruppo all’altro in un fiume.
I prezzi reagiscono a questo evento con una inclinazione sempre più ripida nella direzione del trend: è una fase di grande emotività, spesso accompagnata da forti volumi. Oltre a tutto, quegli investitori che si uniscono al gruppo vincente in questo contesto sono psicologicamente ed emotivamente dei “convertiti” e, come tali, tendono ad essere integralisti e tra i più coinvolti; sono perciò tra i meno propensi a cambiare ancora la propria posizione rapidamente, e forniscono quindi ulteriore carburante per la fase finale del movimento.
Appare chiaro da questa analisi come i movimenti del prezzo non siano solo una risposta passiva e meccanica alle forze del mercato: vi è invece un forte effetto di feedback (ritorno), il quale conferma che le forze del mercato sono a loro volta responsabili dei movimenti del prezzo e del loro perpetuarsi o terminare. In altre parole, c’è una evidente ed innegabile relazione tra i prezzi ed il comportamento dell’investitore, il che smentisce in modo assoluto la teoria di “prezzo di equilibrio teorico” come fine ultimo del movimento di un mercato, tanto cara a fondamentalisti e macroeconomisti.
Il comportamento di massa applicato ai gruppi presenti nei mercati comporta un assunto molto importante, cioè che un movimento nei prezzi innesca una risposta emotiva nei membri dei vari gruppi, contribuendo così ad assicurare che la direzione dei più recenti spostamenti di prezzo tenda ad essere perpetuata nel futuro prossimo.
La ragione per cui il comportamento è in parte dipendente dal prezzo è che un movimento delle quotazioni in una particolare direzione rappresenta il fulcro concettuale dell’esistenza di uno dei due gruppi, ed aiuta perciò ad assolvere alle funzioni di leadership per quello stesso gruppo.
Poiché la nostra esperienza di vita attraverso il tempo è (apparentemente) lineare e sequenziale, e poiché (per la maggior parte di noi) i processi mentali sono della stessa natura, vi è una tendenza innata a credere che ciò che è accaduto nel recente passato continuerà ad accadere anche nell’immediato futuro.
Se, per esempio, i prezzi delle azioni sono appena saliti, non solo i rialzisti si sentiranno soddisfatti, ma vi sarà anche la tendenza psicologica ad assumere la tesi che i prezzi, poiché sono saliti, saliranno ancora: viene così generata una chiara “istruzione” agli investitori di comperare quante più azioni possibile.
La conclusione di questa impostazione, che vuole fornire unicamente le strutture più basilari per comprendere il processo evolutivo psicologico dei mercati finanziari, è la seguente: il perseguimento dei profitti come fine comune di tutti i partecipanti al mercato provoca come conseguenza il fatto che il comportamento psicologico dei mercati sia un fenomeno osservabile attraverso le dinamiche del comportamento di gruppo.
Il coinvolgimento emotivo degli investitori individuali si traduce così in un coinvolgimento emotivo sia del gruppo rialzista che di quello ribassista: ciascun investitore accetta e fa proprie le argomentazioni del proprio gruppo, si identifica profondamente in esso ed accetta (sottomettendovisi) sia la leadership indiretta fornita dalla direzione dei prezzi che quella dei media.
La coesistenza di due gruppi all’interno di ciascun mercato fornisce il meccanismo attraverso cui viene trasmesso il comportamento ciclico dei prezzi.
A causa del prevalere dell’una o dell’altra parte, esistono condizioni di incertezza e conflitto: lo stress ad esse connesso incoraggia ciascun gruppo a proteggere la propria autonomia ed a perseguire i propri obiettivi strategici in relazione ai prezzi.
Di conseguenza, la tendenza all’integrazione di ciascun individuo viene stimolata per assicurare il controllo delle posizioni operative, al fine di ottenere il massimo effetto.
Le decisioni operative tendono così, man mano che il trend si sviluppa, ad essere sempre meno razionali, e le energie del gruppo vincente passano dal convincimento dei propri membri alla propaganda esterna contro il gruppo perdente. Quest’ultimo risponde progressivamente alla propria perdita di identità unendosi al gruppo vincente, assicurando così nuovo propellente al trend in essere; nella fase finale (chiamata anche di “blow-off”) si registrano estremi assolutamente immotivati di euforia e/o di pessimismo, e si verificano così le condizioni ultime di contesto per garantire il cambiamento.
ASPETTI E PATOLOGIE DEL COMPORTAMENTO PSICOLOGICO DEL TRADER: LA PAURA COME OSTACOLO PRINCIPALE
Abbiamo trattato in maniera schematica gli aspetti riguardanti la dinamica della psicologia delle persone in relazione a quella generale del mercato (quella dei gruppi in relazione all’evoluzione dei prezzi); passeremo ora alla fase successiva, cioè all’esame delle relazioni esistenti tra la struttura psicologica del singolo operatore ed il suo approccio, o meglio le sue risposte all’operatività.
Questo discorso si legherà a doppio nodo, nel procedere del suo sviluppo, a quello sulla collocazione e sull’utilizzo dei trading systems.
Molte persone compiono l’errore di iniziare ad operare sui mercati finanziari senza nessun altro obiettivo tranne quello di “fare un sacco di soldi”; sebbene perfettamente corretto, questo obiettivo da solo non può attivare il meccanismo psicologico (e fisico) che conduce al successo. Ogni volta che ci si imbatte in difficoltà o in situazioni inaspettate, il sistema nervoso si prepara automaticamente per una scelta-base del tipo: “vincere o fuggire”.
A quel punto, innescati certi meccanismi biochimici, l’inazione o la sconfitta (qualunque sia la sua motivazione) portano inevitabilmente tensione e/o stress, emozioni rappresentabili da ben definiti sintomi fisici e psicologici.
⇒ SINTOMI FISICI
- RESPIRO AFFANNOSO
- IRRITABILITA’, ANSIA
- MANI SUDATE
- TENSIONE MUSCOLARE
- PROBLEMI ALLO STOMACO
⇒ SINTOMI PSICOLOGICI
- DEPRESSIONE
- FRUSTRAZIONE
- CALO DELLA MEMORIA
- SENSAZIONE DI MALESSERE
- CROLLO DELL’AUTOSTIMA
Questi sintomi sono spesso accompagnati da ulteriori sensazioni negative, e si traducono in un grosso dispendio di energie e nel distogliere l’attenzione dal punto cruciale, cioè dalla soluzione dei propri problemi.
La prima risposta ad una situazione di stress è difensiva: il trader pensa “Non so cosa sto facendo”, ”Questi mercati sono impossibili”, “Sono troppo giovane (vecchio), non ho esperienza ecc.”, ”Non ho una strategia precisa”, “Che cosa penderanno gli altri di me?”, “Sono un perdente, uno stupido ecc.”.
La seconda risposta, quella “ritardata”, è forse più pericolosa perché impatta in modo pesantemente negativo tutta l’operatività successiva, attraverso lo svilupparsi in modo permanente di una serie di emozioni non costruttive:
- PAURA (di perdere, di mancare delle occasioni di guadagno, di sbagliare ancora, del successo, di essere inadeguato, di perdere il controllo);
- SENSO DI OSTILITA’ (verso il mercato, verso se stessi, verso gli altri)
- SENSO DI COLPA GENERALIZZATO
Poiché la paura, in generale, è dunque una caratteristica importante e costante che accompagna la vita professionale dell’operatore sui mercati, è essenziale che chi opera impari a convivere con essa e possibilmente a dominarla.
Il problema principale è che i comportamenti mentali che vengono normalmente utilizzati, a livello conscio o subconscio, per far fronte alla paura in condizioni di vita normale, risultano completamente inappropriati quando sono applicati ai mercati finanziari.
Vi sono almeno tre di questi comportamenti di tipo “difensivo” che vanno analizzati:
- IL MINIMIZZARE LA PROPRIA PAURA
- LA PROTEZIONE DELL’IMMAGINE DI SE’
- LA PROTEZIONE DEL PROPRIO SPAZIO PERSONALE
In tutte le situazioni (quali appunto le operazioni in perdita) nelle quali le proprie aspettative non si realizzano, emerge una sensazione di paura che viene seguita da una risposta indotta: chi (caso 1) di solito cerca di minimizzare la paura, la sentirà in modo molto acuto; chi cerca di proteggere la propria immagine (caso 2) reagirà alla paura proiettando ostilità; chi, infine, cerca di proteggere il proprio spazio personale (caso 3) reagirà con la rabbia.
Quello che appare chiaro al di là dei singoli casi è che gli abiti mentali che di solito vengono sviluppati per convivere con la paura o vincerla spingono, nel caso dei mercati, in direzione contraria a quella di una operatività di successo. Questo accade poichè questi processi sono incompatibili con i mercati finanziari in quanto non affrontano il problema centrale, che è quello di imparare dagli errori e dalla propria esperienza, per creare una strategia ed una tattica operative confacenti a tutta una serie di vincoli, tra i quali quelli relativi alle proprie caratteristiche psicologiche.
Quello che in sostanza bisogna avere ben presente è che la paura di sbagliare (= perdita) è il più grosso nemico dell’operatore; riuscire ad accettare la perdita, e metabolizzarla come parte fisiologica ed essenziale nel processo della creazione del risultato operativo finale (= utile), sono le più difficili ma importanti lezioni che bisogna imparare.
LA PSICOLOGIA E LA MECCANICA DEL SUCCESSO
Definiamo innanzitutto i concetti base di STRATEGIA e TATTICA :
STRATEGIA è il processo di determinazione degli obiettivi operativi primari, nonché l’adottare e lo sviluppare un preciso tipo di allocazione di quelle risorse (nel nostro caso finanziarie, personali, di know-how ecc.) necessarie al raggiungimento di questi obiettivi;
TATTICA è il processo di traslazione degli obiettivi strategici generali in una serie di singoli sotto-obiettivi specifici, i quali si riferiscono a ciascun singolo componente del piano operativo.
Perché una strategia sia coronata da successo, essa deve incorporare tutte le risorse psicologiche, tecniche e finanziarie a disposizione; in termini metaforici, la strategia è il bersaglio, e le specifiche tattiche (operative) SONO LE FRECCE CHE PERMETTONO DI COLPIRLO.
La questione concreta che può sorgere è se, per l’operatore, sia realmente possibile separare emotivamente e concretamente l’obiettivo di fondo (una operatività profittevole) dagli effetti potenzialmente traumatici (almeno sul breve) del subire una perdita: la risposta più credibile, se non l’unica, sta nel crearsi un forte supporto psicoemotivo e nell’adottare, nel processo di decisione operativa, un trading system (inteso come insieme di regole operative in senso lato, comprese le tecniche di money management) adatto ai propri obiettivi ed alle proprie caratteristiche.
Possiamo dire che i tre elementi essenziali per perseguire con una ragionevole probabilità di successo l’operatività sui mercati finanziari sono:
-
- GLI OBIETTIVI
- IL METODO
- L’ATTIVAZIONE (LO SFORZO)
1. OBIETTIVI – Gli obiettivi devono essere tali da essere compatibili con le proprie caratteristiche e con i propri mezzi: la loro determinazione procede attraverso cinque fasi distinte.
-
- Distinzione tra desideri illusori e reali possibilità.
- Esame degli errori.
- Definizione delle risorse necessarie allo scopo.
- Definizione del tempo necessario per raggiungere lo scopo.
- Trasformazione del desiderio realizzabile in obiettivo interiore concreto.
2. METODO – Una volta stabilito un insieme di obiettivi concreti e realizzabili, e una volta che essi sono stati interiorizzati, è essenziale concentrarsi sulle strategie necessarie per raggiungerli: come detto prima, esse sono sintetizzabili nella formazione e attivazione di un substrato psicoemotivo che sia di supporto all’operatività, e nell’adozione di un metodo.
3. ATTIVAZIONE – L’attivazione consiste in una serie di meccanismi (substrato psicoemotivo) che devono servire all’operatore per mantenere i livelli di energia e concentrazione necessari a perseguire i propri obiettivi.Essa passa attraverso tre fasi contemporanee e legate tra loro: salute fisica, mentale ed emotiva.
Lo scopo è quello di arrivare a vivere l’operatività non come perenne stato di combattimento e fonte di stress, ma come un processo normale, controllabile e con determinati prerequisiti ben noti, che ha come fine quello del raggiungimento dei propri, chiari obiettivi di money management.
In sostanza, una strategia di successo, per essere consistente e coerente con gli obiettivi che si prefigge, deve:
- assumersi le responsabilità per tutti i movimenti del mercato;
- prendere in considerazione le motivazioni personali del trader;
- permettere di operare per guadagnare (e non per non perdere…);
- stabilire obiettivi e formulare un piano d’azione;
- controllare l’emotività;
- creare “punti di controllo”;
- essere congruente con la personalità del trader;
- essere automatica, decisionale e non richiedere sforzo;
- controllare il rischio e limitare le perdite;
- essere orientata al profitto (pratica vs. teoretica);
- non permettere incertezze;
- consentire di produrre risultati consistenti;
- identificare le opportunità.
Una volta presa coscienza di tutto questo, è evidente come il passo finale risieda nell’attivazione e nella gestione controllata del proprio metodo di operatività.
BREVE GLOSSARIO DI SOPRAVVIVENZA
REGOLE DI OPERATIVITA’
- Non impegnare più del 10% del capitale in una sola operazione di trading
- Non avere più di 5 operazioni di trading aperte contemporaneamente (= max 50% sul capitale)
- Usare sempre uno stop loss adeguato e non spostarlo o toglierlo una volta piazzato
- Individuare un obiettivo, sia per ogni singola operazione che per tutta la propria attività di trading
- Se il trend si rivela favorevole inserire ed adeguare un livello di stop profit
- Lasciar correre gli utili e tagliare le perdite
- Non permettere che una operazione in utile si tramuti in una in perdita
- Non aprire una operazione se è in contrasto con il trend
- Se si è nel dubbio è meglio chiudere e, se nel dubbio, comunque è meglio non aprire
- Non mediare mai una operazione in perdita: attendere o chiudere
- Rammentarsi della ciclicità dei mercati: cercare le opportunità in entrambe le direzioni
- Stabilire dei rapporti rendimento/rischio per le operazioni di trading di almeno 2:1
- Dopo una perdita non incrementare la percentuale, ma diminuirla fino ad avere recuperato
- Fare pyramiding solo sui trends molto chiari e molto forti
- Operare solo su mercati/titoli liquidi
- Non operare su opzioni, warrants o derivati se non se ne conoscono a fondo meccanismi e rischi
- Non comperare o vendere solo perché il prezzo è basso o alto
- Non seguire mai i consigli dei “bene informati”, specie se parenti, amici o sportellisti bancari
REGOLE DI COMPORTAMENTO
- Seguire sempre le regole di operatività
- Essere disciplinati, disciplinati e ancora disciplinati
- Pensare in modo autonomo, indipendente e rispettare le proprie linee guida: non seguire la massa
- Comprendere e dominare le emozioni, specie l’incertezza, la paura e l’avidità
- Mantenere le cose semplici: la complessità genera confusione
- Rimanere umili: la troppa sicurezza produce le peggiori perdite
- Essere pazienti: saper aspettare le giuste opportunità è una delle più grandi doti del trader
- Avere la forza di ammettere uno sbaglio e chiudere anche se in perdita
- Non operare se non si è sereni e fisicamente in forma
- Fare l’analisi e/o studiare le proprie strategie a mercato chiuso
- Mantenere una prospettiva – anche in termini di peso operativo – fra trend di breve, medio e lungo
- Essere obiettivi: avere il coraggio di guardare in faccia la realtà del mercato
- Avere la forza di mantenere una posizione o una strategia contro tutto e tutti
- Essere flessibili e disponibili a cambiare rapidamente strategia se il quadro tecnico cambia
- Non chiudere per impazienza, ma soprattutto non aprire per l’ansia di poter perdere un’occasione
- Diversificare sia in termini di mercati che di titoli
- Astenersi dall’operare dopo grossi guadagni o grosse perdite
- Ricordarsi che il mercato è una macchina per deludere, ma che ha comunque sempre ragione
BIBLIOGRAFIA | ASPETTI PSICOLOGICI CONNESSI ALL’OPERATIVITA’
≡ THE INNERGAME OF TRADING – Koppel & Abel, ed. Probus Publishing
≡ THE OUTER GAME OF TRADING – Koppel & Abel, ed. Probus Publishing
≡ THE DISCIPLINED TRADER – M. Douglas, ed. New York Inst. of Finance
≡ THE PSYCOLOGY OF TECHNICAL ANALYSIS – T. Plummer, ed. Probus Publishing
≡ MELAMED ON THE MARKETS – L. Melamed, ed. Wiley & Sons
≡ THE MENTAL GAME – Loehr, ed. Viking Penguin
≡ THE CROWD – G. Le Bon, ed. Mcmillan
≡ MASS ACTION IN THE NERVOUS SYSTEM – W.J. Freeman, ed. Academic Press
≡ CYCLES – THE MYSTERIOUS FORCES THET TRIGGER EVENTS – E.R. Dewey – ed. Hawthorn
≡ EXTRAORDINARY POPULAR DELUSIONS AND THE MADNESS OF CROWDS – C. Mackay – Harmony Books
≡ CATASTROPHE THEORY – D. Postle, ed. Fontana
≡ THE MAJOR WORKS OF R.N. ELLIOTT – R.R. Prechter, ed. New Classics Library
≡ EUFORIA IRRAZIONALE – R. Shiller, ed. Il Mulino
≡ IL CIGNO NERO – N. Taleb, ed. Il Saggiatore
≡ ANTIFRAGILE – N. Taleb, ed. Il Saggiatore